Come vi vedete a fare la fila alla biglietteria di un museo, anziché alle casse di Zara? Se venisse approvato l’aumento dell’Iva, la moda sarà uno dei settori a subire un rincaro dell’imposta sul valore aggiunto dal 21% al 22%. Il sito www.ilsole24ore.com ieri pubblicava una guida (clicca per leggere l’articolo) sui prodotti che potrebbero essere interessati dall’aumento. Aumento che, mentre sto scrivendo, non è ancora stato deliberato, ma la cui entrata in vigore è prevista per il 1° ottobre.
Come si legge nell’articolo del quotidiano Il Sole 24 Ore, i rincari dell’Iva potrebbero colpire – tra gli altri settori – “abbigliamento e calzature compreso noleggio e riparazioni abiti e calzature” ma anche “tutto il settore dei beni e servizi della persona dal parrucchiere ai trattamenti di bellezza fino ad orologeria, gioielli e articoli da viaggio come borse e valigie”. Facciamo un esempio pratico. Mettiamo che un capo costi € 50. L’aliquota Iva del 21%, attualmente vigente, incide di € 10,50. Se si applica, invece, l’aliquota maggiorata al 22%, l’imposta ha un’incidenza di € 11. Quindi, un eventuale incremento dell’Iva comporterebbe un aumento di 50 centesimi su un vestito che oggi costa € 50. Una “inezia” che, di certo, non fermerà la corsa delle integerrime fashion victim per accaparrarsi la borsa all’ultimo grido o lo shatush “à la Belén”. Ma 50 centesimi qui, 2 euro lì, 80 centesimi là – e via spendendo – il portafogli si svuota più rapidamente (di quanto si riempia!). Le plus size non possono che storcere il naso, visti i prezzi già piuttosto esosi dell’abbigliamento “dedicato a noi”. È, peraltro, opinione comune tra le associazioni di categoria di commercianti e imprese – ma non solo – che l’aumento dell’Iva rischia di inibire ulteriormente i consumi, già provati dalla forte contrazione dovuta alla crisi economica.
Al contempo, si apprende dal quotidiano che l’aliquota resterebbe invariata al 4% per libri, giornali e periodici; per cinema, teatri e concerti si applicherebbe la cosiddetta imposta agevolata al 10%, mentre resterebbero esenti dall’Iva musei, giardini e parchi nazionali, oltre a tanti beni e servizi che ometto, per brevità. Insomma, l’intrattenimento si salverebbe dalla stangata. Ma non lo Spritz che vi prendete ogni sabato sera, sia chiaro!
Chissà, potreste convincervi a declinare la proposta di un pomeriggio di shopping sfrenato, in favore di una romantica gita culturale. A dimostrazione del fatto che non tutti i mali vengono per nucere. Forse.